Sostenibilità

Lanificio Pontetorto: fibre naturali, riciclo, energia

Scritto il

di Pascale Mattei

Il pile italiano parla toscano. Questo tessuto, che oggi è considerato uno dei materiali più performanti e più diffusi, e anche più copiati, al mondo nel nostro Paese è nato, anzi rinato, un po’ per caso all’inizio del 1985 in una piccola azienda di Montemurlo, in provincia di Prato, il Lanificio Pontetorto.

Ma che diavolo è questo peluche!

Avrebbe esclamato il titolare Bruno Banci, quando uno dei suoi colleghi gli presentò un materiale che non conosceva, un poliestere morbido al tatto, peloso, ma di qualità mediocre. L’allora proprietario del lanificio, che era anche un fine tecnico tessile, vide comunque tutto il potenziale di questo tessuto – che era stato inventato qualche anno prima dalla statunitense Malden Mills – e pensò di migliorarne la qualità. Sviluppò cosi una nuova tecnologia tutta italiana e pochi mesi dopo nacque Tecnopile.

Questa innovazione tessile ha rivoluzionato il settore dell’abbigliamento. Probabilmente in concomitanza con altre aziende, negli anni ottanta siamo riusciti a sviluppare una qualità di pile che teme pochi rivali nel mondo.

Ricorda Roberto Dematteis, vicepresidente e direttore generale delle vendite del gruppo. Lo dimostra il fatto che gli eredi della stessa impresa americana si sono rivolti a Pontetorto per la produzione su licenza da destinare all’Europa.

Caldo, leggero, traspirante, elastico, resistente all’usura e di facile manutenzione, questo nuovo tessuto, realizzato con fibre sintetiche più fini del cachemire, divenne subito un must nel settore sportivo: Alberto Tomba, “la Bomba dello sci”, ne fu il primo testimonial, durante i Mondiali di Madonna di Campiglio del 1985. Lo stesso vale per il pilota automobilistico Fernando Alonso, che indossa sempre una tuta di pile quando entra in macchina. Il marchio ha conquistato anche importanti marchi sportivi come Adidas e North Face e ora sta cercando di conquistare nuovi territori.

Tecnopile, il marchio di casa, è sempre al centro della proposta. Ma è stato oggetto recente di un restyling che ne semplifica i contenuti e ne sottolinea la performance. L’azienda dedica ogni anno almeno il 5-10% del fatturato a ricerca e sviluppo. Lo staff tecnico e creativo storico dell’azienda lavora di continuo all’elaborazione di nuove idee dettate da sensazioni, ma anche da esigenze commerciali.

Un esempio è il biopile in canapa, nato dell’esigenza di eliminare le microplastiche. Uno nuovo tessuto che abbina le qualità classiche del pile con le performance della fibra di canapa: biodegradabilità, ottima traspirabilità ed asciugatura rapidissima. L’obiettivo è sempre lo stesso: creare dei tessuti intelligenti adatti ai tempi moderni e ai nostri modi di vivere, che siano di facile manutenzione o ancora che blocchino virus e batteri.

L’impegno nella sostenibilità si traduce in un nuovo progetto battezzato RDR (riciclato, durevole, riciclabile).

Corrisponde ad una filosofia di produzione e identifica alcuni articoli specifici.

Racconta ancora Dematteis, che è anche coordinatore scientifico dell’Astri, l’associazione italiana del tessile riciclato. In questo contesto, il Lanificio Pontetorto sta per lanciare un nuovo processo industriale denominato ReX-T che permetterà l’utilizzo in upcycling di una quantità di scarti tessili molto superiore a quella attualmente gestibile in termini economicamente sostenibili. L’azienda sta anche sperimentando una forma di energia alternativa che coinvolge il riciclo della materia tessile, non tramite la termovalorizzazione, ma con la pirolisi, un meccanismo di combustione senza emissioni, che trasforma gli scarti in idrogeno.

Quest’attenzione è condivisa con i dipendenti dell’azienda attraverso diverse iniziative: cosi l’anno scorso, Pontetorto ha lanciato Encircletex in collaborazione con Formall, un’agenzia di formazione accreditata dalla regione Toscana, anche società di consulenza tecnica in materia ambientale.  Questo corso della durata di un anno  è volto a sensibilizzare tutto il personale all’’innovazione di processo e qualità di prodotto con particolare attenzione al riciclo nell’ambito dei nuovi strumenti in tema di economia circolare. «Certi obiettivi sono raggiungibili solo incrementando il livello di consapevolezza di tutti gli operatori in azienda» conclude Dematteis.  l

La famiglia Banci guida da 70 anni ora con un alleato giapponese

Fondato nel Dopoguerra con altri soci da Bruno Banci, e oggi guidato dai figli Enrico (nominato Cavaliere del lavoro), Luigi ed Elena, dal 2016 il Lanificio Pontetorto appartiene al gruppo giapponese Daidoh Limited, conglomerato attivo nei settori dell’abbigliamento e dell’immobiliare. L’azienda è riconosciuta per le sue moderne tecnologie, la catena produttiva di valore assoluto e l’expertise dei dipendenti, e si posiziona come riferimento di qualità nel panorama tessile mondiale. La sostenibilità occupa un posto centrale: Pontetorto è una delle prime aziende tessili italiane ad aver introdotto una reale economia circolare a tradizione laniera. Un approccio, necessario, che fruttato numerosi riconoscimenti internazionali: l’ultimo è l’Eco Award di Performance Days ricevuto a novembre a Monaco di Baviera.

L’azienda, che ha festeggiato lo scorso anno il suo 70esimo compleanno, possiede uno stabilimento dove sono realizzate tutte le fase produttive, in particolare il finissaggio. Questi ultimi anni ingenti investimenti sono stati effettuati per aumentare le capacità produttive (mirate essenzialmente al fashion e l’athleisure di qualità) per avere macchine con un ridotto impatto ambientale, quindi con minor consumi di acqua e di energia elettrica. Dispone così di fonti energiche alternative: più di 7mila pannelli solari di silicio policristallino generano il 30-35% del suo fabbisogno. Nel 2021, ultimo dato di bilancio noto, Pontetorto realizzava circa 40 milioni di fatturato, in forte aumento dopo il calo del 2020 legato al covid. Quasi il 90% della produzione è destinato all’export.