Nel Mondo delle Pmi

Alla ricerca dell’invenzione perduta

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di Barbara Millucci

Nonostante oggi più di un miliardo di persone non abbia accesso all’acqua potabile, circa 70 anni fa un inventore rumeno, Henri Coandă, creò un impianto di desalinizzazione destinato a trasformare l’acqua di mare in acqua potabile utilizzando solo l’energia solare: in 12 ore, 1600 litri di acqua vennero trattati con un impianto di 8 mq esposto al sole. Purtroppo l’innovazione fu bloccata nella fase di prototipazione per motivi burocratici, facendo naufragare e ristagnare l’invenzione.

È uno dei tanti progetti dedicati ad esplorare le invenzioni perdute, quelle dei prototipi rimasti tali, gli insuccessi degli inventori, le innovazioni mancate che però, in quanto tali, avrebbero potuto indirizzare il futuro altrove, magari verso un mondo più inclusivo e sostenibile. È il progetto Now Here There che il Padiglione della Romania presenta alla Biennale di Architettura 2023 di Venezia:

Un invito a esplorare un futuro possibile, in cui l’innovazione del passato e la collaborazione interdisciplinare giocano un ruolo chiave nella ricerca di soluzioni ai problemi globali dell’umanità.

Racconta il curatore del padiglione, l’architetto Emil Ivănescu. Lì dove la politica non riesce a trovare soluzioni, tentano di trovare delle risposte gli architetti, coloro che dovrebbero ridisegnare i luoghi del nostro vivere contemporaneo.

La storia ci mostra che abbiamo avuto queste risposte sul vassoio per molto tempo, ma per diverse ragioni le società hanno rifiutato la crescita sostenibile a favore del profitto, della convenienza e dell’avidità.

L’AI fa da padrone in questa nuova edizione della Biennale.

Credendo nella loro infallibilità, permettiamo agli algoritmi di fare valutazioni e progettare per noi abitazioni ed intere città – racconta Jacek Sosnowski, curatore del Padiglione Polacco, altro spazio, assieme alla Romania, interamente dedicato all’AI. – L’analisi di questi dati statistici e l’uso di algoritmi influenzano moltissimo il modo in cui abitiamo e abiteremo in futuro. Tuttavia abbiamo sempre meno a che fare con i dati nudi e crudi. Le informazioni elaborate con le nuove tecnologie creano un’immagine distorta della realtà, e sulla base di questa illusione digitale prendiamo decisioni dalle conseguenze più che mai reali. Così lo strumento che avrebbe dovuto dare ordine alla realtà diventa fonte di errori.

Si chiama Datament ed è l’installazione che la Polonia ha ideato per la Biennale (fino al 23.11) per dare una “fisicità” alla mole di dati che ci circondano (vedi foto).

Credendo nell’infallibilità dei dati – continua il curatore – permettiamo agli algoritmi di fare valutazioni e progettare le nostre vite.

Il problema del nostro rapporto con i dati è la propensione a fidarci in modo acritico dei processi automatizzati. I dati diventano cosi establishment:

In apparenza oggettivi, essi vengono processati da algoritmi ritenuti neutrali e creano un’immagine del mondo che siamo disposti a considerare reale, soprattutto se le fonti sono istituzioni nazionali o internazionali che consideriamo affidabili.

Continua il curatore. Ma senza una guida i dati elaborati digitalmente creano solo soluzioni deformate. Mettendone in dubbio l’infallibilità come fattore decisivo per lo sviluppo, si apre un dibattito su quanto diventa distorta l’immagine del mondo se lo guardiamo soltanto attraverso i dati. I big data «devono invece essere trattati non come fonte di risposte definitive ma come strumento per porre domande migliori».