Sostenibilità

Dalla moda ai crediti di carbonio per riforestare l’Amazzonia

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di Dino Bondavalli

Dal mondo della moda di alta gamma ai progetti per la riforestazione e protezione di foreste native a rischio, con un occhio di riguardo al miglioramento della qualità di vita delle popolazioni che vivono negli angoli più remoti del pianeta. A leggerlo così può sembrare un salto quantico. Invece, quello fatto da Andrea Cornacchia, fondatore e amministratore delegato di Carbon Credits Consulting, è un passaggio esemplare di come il tema dei cambiamenti climatici e quello della sostenibilità siano diventati centrali nell’economia del nuovo millennio.

L’azienda bolognese – prima in Italia a sviluppare e gestire questo genere di attività nelle foreste native a rischio e a produrre e commercializzare Carbon Credits certificati da progetti di riforestazione riconosciuti dalle Nazioni Unite – è infatti nata da una duplice esigenza. Da un lato quella di un’impresa del settore della moda di innovare e ridurre il proprio impatto sul pianeta. Dall’altro quella di recuperare e riforestare un terreno arido nel cuore dell’Amazzonia, in Brasile. Il tutto legato dal fil rouge della sostenibilità.

Io lavoravo in una startup nell’ambito della moda che, pur avendo poche emissioni, voleva comunque compensarle. Così ho incontrato Davide Rossi (cofondatore di Carbon Credits Consulting) e scoperto la possibilità di farlo attraverso i Carbon Credits.

Racconta Andrea Cornacchia. I crediti di carbonio sono unità finanziarie certificate che valgono una tonnellata di CO2 equivalente sequestrata dall’atmosfera. Costituiscono un meccanismo virtuoso che consente di attirare investimenti su progetti carbon (come le riforestazioni) che altrimenti non sarebbero finanziariamente sostenibili.

Ciò che ha realizzato Carbon Credits Consulting negli ultimi cinque anni ne è un esempio concreto. Dopo la prima esperienza, fatta su una foresta brasiliana, i due soci si sono infatti resi conto che promuovere progetti di riforestazione consentiva di avere un impatto molto ampio.

«I nostri progetti si basano sul pilastro ambientale, su quello sociale e sulla biodiversità», sottolinea Rossi. «Abbiamo sviluppato un modello che in Italia non esisteva, per cui noi collaboriamo con i proprietari dei terreni e delle foreste in cui sviluppiamo progetti, promuoviamo progetti community based per sostenere le comunità locali e prestiamo la massima attenzione alla fauna, tanto che abbiamo installato diverse camera trap nei vari appezzamenti di terreno per monitorare la presenza e la salute delle specie autoctone».

In questo modo il credito di carbonio si trasforma in un’opportunità per tutte le parti coinvolte, non solo per l’azienda che li vende e per quella che li acquista per compensare le proprie emissioni. Un modello vincente che, non a caso, è già stato scelto da molti gruppi importanti. Da Piquadro, azienda a cui fanno capo l’omonimo brand, ma anche Lancel e The Bridge, che nel 2022 è diventata carbon neutral, al gruppo editoriale Gedi, che controlla La Repubblica, La Stampa, Radio Deejay e Radio Capital, solo per citare alcuni nomi. Dal gruppo Arvedi, una delle più importanti realtà siderurgiche in Europa, al gruppo bancario Credem.

Tutte realtà che hanno sposato la filosofia di Carbon Credits Consulting, che è quella di puntare a contrastare i cambiamenti climatici coinvolgendo persone, imprese e comunità locali in progetti studiati ad hoc per ridurre e rimuovere la CO2 dall’atmosfera, con attività certificate e che rispettano standard globali che assicurano trasparenza.

Un’attivismo che trova anche riscontro nei conti, in rapida crescita: il fatturato 2022 è di circa 5 milioni (+800%) con 25 persone occupate tra Italia, Brasile e Argentina.

Anche stufe e sistemi idrici in Madagascar

Al momento operiamo perlopiù in Brasile e in Argentina, ma abbiamo realizzato progetti anche in Madagascar e stiamo valutando un intervento in Perù.

Spiega Andrea Cornacchia, fondatore e amministratore delegato di Carbon Credits Consulting.

Per il futuro puntiamo a sviluppare una maggiore presenza in Africa.

E non solo con alberi e foreste: la società bolognese ha realizzato due progetti community based in Madagascar che spiegano quanto grande possa essere l’impatto pratico di questo tipo di iniziative.

Il primo progetto ha visto la distribuzione di 15mila stufe efficienti alle comunità locali, cosa che eviterà l’accensione di un’enorme quantità di falò all’aria aperta (e le conseguenti emissioni inquinanti) con i quali ancora tantissime persone cucinano nelle aree meno sviluppate del Paese.

Racconta Cornacchia.

L’altro progetto è stato realizzato con l’installazione di sistemi idrici per l’acqua potabile, che evitano che la gente debba raggiungere i fiumi per rifornirsi di acqua da far poi bollire prima di poterla utilizzare.

Interventi che fanno a loro volta maturare Carbon Credits. E che spiegano quanto la lotta ai cambiamenti climatici passi anche attraverso le “piccole” cose.