Nel Mondo delle Pmi

Spadafora (Confapi): Governo, segnali positivi ma serve più coraggio

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di Gabriele Politi

Sono oltre seimila le piccole e medie imprese che aderiscono ai contratti collettivi di Confapi nell’intera area della Città Metropolitana. Nicola Spadafora, presidente della territoriale di Milano aderente alla Confederazione Nazionale della Piccola e Media Industria Privata, al Settimanale racconta il loro stato di salute.

Qual è la fotografia ad oggi delle aziende che fanno riferimento a Confapi?

Siamo moderatamente ottimisti perché abbiamo vissuto un 2022 di forte incertezza, a causa dell’estremo e continuo rialzo dei prezzi e della parziale indisponibilità di materie prime ed energia, variabili che hanno messo in notevole difficoltà il nostro tessuto industriale. I dati dell’ultimo trimestre dell’anno passato, consolidati anche nel primo trimestre 2023, infondono, tuttavia, ottimismo, soprattutto in ragione della sostanziale contrazione dei costi dell’energia: anche del 30% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Questo ha determinato un aumento della produzione, degli ordini e del fatturato, anche in ragione della significativa crescita delle esportazioni. L’export sta, infatti, trainando la nostra economia regionale con un +10% rispetto al medesimo periodo del 2022. Dal nostro punto di vista il quadro è decisamente più roseo rispetto a dodici mesi fa. Le difficoltà, in ogni caso, non mancano, inutile nasconderlo, prima fra tutte la politica economica europea, con il costante e continuo rialzo dei tassi di interesse: l’ultimo, recentissimo, dello scorso 15 giugno li ha così portati al 4%; questo sta creando alle piccole medie imprese gravi difficoltà di accesso al credito bancario, principale fonte di sostentamento economico per le nostre aziende, e frena, pertanto, gli investimenti nonostante vi sia una costante crescita della produzione.

DallEuropa a casa nostra: siamo a quasi un anno di governo Meloni. Come giudicano le imprese milanesi loperato dellesecutivo fino ad ora?

C’è grande fiducia, i primi segnali sono positivi e, soprattutto, abbiamo finalmente percepito un fattivo interesse verso il mondo dell’industria, forse per la prima volta ci siamo sentiti messi al centro di un nuovo progetto, nella prospettiva di una comune crescita futura. Certo, siamo di fronte ad una situazione generale del Paese che non ci pone nelle condizioni di poter attuare con adeguata tempestività tutta una serie di misure strutturali che riteniamo, invece, assolutamente urgenti e necessarie. Tuttavia, l’intervento teso a calmierare i costi dell’energia è stato per noi essenziale, abbiamo poi apprezzato quanto richiesto sulla rimodulazione del Reddito di cittadinanza così come la riduzione del cuneo fiscale. Sono misure importanti, comprendiamo che si tratta di un primo passo ma ci auguriamo che ci sia anche maggiore coraggio: abbiamo bisogno di riforme strutturali.

Oltre al cuneo fiscale cosa pensate delle misure contenute nel DEF?

Contiene agevolazioni certamente interessanti ma, ribadisco, serve più coraggio; sappiamo che il discorso deve allargarsi al quinquennio e speriamo, quindi, possa esservi stabilità politica-istituzionale per l’intero periodo della legislatura: tanto da poter vedere realizzati gli auspicati provvedimenti di natura fiscale e relativi al costo del lavoro che sono stati promessi in campagna elettorale. Ci sono ovviamente paletti europei che vanno tenuti in considerazione, non pretendiamo la luna, l’industria continuerà a fare il suo con la massima determinazione e flessibilità ma ci auguriamo che dalla politica arrivino finalmente misure di supporto efficaci e durature.

Il capitolo burocrazia rimane la Spada di Damocle per cittadini e soprattutto imprese…

Su questo tema siamo sempre stati estremamente chiari: fintanto che non intervenga una effettiva semplificazione a livello amministrativo e di digitalizzazione dei processi diventerà sempre più complicato crescere ma, soprattutto, attrarre capitali e investimenti esteri. Sia nell’agenda del precedente governo Draghi sia in quello attuale abbiamo, tuttavia, constatato e apprezzato l’effettiva introduzione di misure che vanno nell’auspicata direzione della semplificazione per venire incontro alle esigenze anche delle imprese, confermate anche nel nuovo Codice degli Appalti pubblici.

Dovremmo, quindi, cercare di uniformare la nostra esperienza a quella dei competitor europei anche attraverso il riordino delle nostre normative: quando un potenziale investitore straniero si avvicina all’Italia e constata che su determinate materie si arriva ad avere centinaia di testi normativi a livello locale, regionale e nazionale, è naturale che possa spaventarsi, soprattutto se è abituato a confrontarsi altrove con testi unici di regolamentazione e con sistemi che attraverso limitati passaggi consentono di gestire ambiti molto particolari. Chiediamo, quindi, anche un concreto riordino che consenta, a partire dalla semplificazione normativa, di attrarre sempre maggiori capitali.

A proposito di investimenti cosa sta comportando il PNRR per lindustria lombarda?

Il tema del PNRR è davvero molto sentito dalle nostre piccole e medie aziende ma le sue ricadute effettive sul tessuto industriale appaiono, almeno ad oggi, marginali. Se facessimo, infatti, oggi un’indagine tra le nostre aziende, le direi che la quasi totalità non avrebbe beneficiato di fondi europei, continuando ad andare avanti solo grazie alle proprie forze, capacità, determinazione e flessibilità. Il PNRR sembra, dunque, riguardare più che altro grandi opere ed interventi pubblici, di cui indirettamente andrà a beneficiare anche il sistema industriale; abbiamo, quindi, interesse a che le ingenti somme stanziate vengano effettivamente erogate e che il Governo sia nelle condizioni di metterle a disposizione soprattutto degli enti locali, che potranno poi distribuirle anche alle PMI sui rispettivi territori. Al momento, però, con franchezza, è giusto sottolineare come non sia ancora visibile una effettiva ricaduta diretta sul nostro tessuto industriale.

Il boom delloccupazione certificato dai dati Istat del primo quadrimestre 2023 trova conferma anche nella vostra platea di aziende associate?

Il lavoro c’è e i dati lo confermano perché l’incremento di produzione, ordini e fatturato ha creato a cascata un aumento anche del livello occupazionale: in Lombardia l’incremento è del 2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Stiamo cercando di aumentarlo ulteriormente perché ne abbiamo bisogno; i dati sono in crescita, ora quello su cui si deve lavorare sono le misure di contenimento del cuneo fiscale perché il costo del lavoro, specie per le piccole realtà, è troppo oneroso. È il primo intervento che abbiamo chiesto e lo abbiamo richiesto non per le imprese ma per i nostri lavoratori, in quanto, soprattutto nel nostro sistema, sono considerati risorse determinanti ed infungibile per il percorso di crescita di ciascuna piccola e media impresa.

Continua poi ad esservi disomogeneità tra domanda e offerta di lavoro, ancora troppo elevata: sia nel settore operaio sia in quello impiegatizio abbiamo poche risorse. La ricerca del personale è complessa. È, quindi, sì fondamentale la formazione ma diventa ancor più essenziale la possibilità di avere risorse a disposizione. Per questo ci siamo permessi di suggerire il miglioramento dell’offerta tramite i centri per l’impiego (oggi poco efficaci) sfruttando anche le risorse del Pnrr per digitalizzare i loro sistemi e metterli in rete, perché al momento i vari uffici non si “parlano”. Il nostro limite odierno è questo: piuttosto che rivolgerci al pubblico siamo costretti a rivolgerci al privato, con costi di intervento che spesso una piccola impresa non può sostenere.